Mare Sardo: storie e altri flutti

Coordinate incerte. Vento fresco, schizzi e poi scoperte di salsedine.
Inizio di tutti gli inizi, grembo acquoso e salso della nostra nascita dimenticata. Questa vera patria originaria ci incute un terrore antico sempre rinnovato: la paura dell’ignoto e dell’imprevedibile, del fuori controllo, del fuori mano, del fuori di senno, del furioso amante delle coste. È la stessa furia che ci ha dato alla luce e, da allora, è evidente che può fare di noi qualsiasi cosa.
Con timore, eppure ogni essere s’inchina e prima o poi s’inabissa davanti alla divinità maschile/femminile, sacerdote tutt’uno con le sue vestali: dio abisso, padre oceano, fratello mare, ma pur sempre fatto di acque sante e madri maree, sorelle onde e mareggiate, risacche e spume amiche, in un perfetto infrangersi di yin e yang come non si vede sulla terra.

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costa sarda
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Gonfio, altissimo, dinamico. Abitante dei nostri più atroci incubi ma soprattutto abitato – arredato, accompagnato – da mitici mostri marini, rocce e conchiglie multicolore, leggende e canzoni, pirati, re e commercianti, alghe sinuose, delfini, orche, ostriche e yacht.
Sirene e pescecani, stelle marine, navi e altri relitti. Scogli e nuvole e poi piccole barriere di corallo. Folti fondali, spiagge. Traversate e migrazioni. Ma che cosa sappiamo veramente del nostro mare? L’antico continente – la Tirrenide del Terziario, citata da Platone come parte dell’Impero di Atlantide – che sprofondò milioni di anni prima dell’emersione della penisola italiana, conserva la genealogia della Sardegna?

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mare mediterraneo

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I sardi e il loro mare: un binomio che stride – una relazione complicata, diremmo online. Gli isolani sanno che sott’acqua tutte le cose sono più belle – colori più nitidi, forme nuove, luci e trasparenze – ma a quale prezzo? Quest’isola al centro del Mediterraneo, punto nevralgico di rotte e di lotte, ne ha viste delle belle venire da oltremare. Mentre il bacino si riempiva esponenzialmente – fino a undicimila anni fa a una notevole velocità, poi sempre più lentamente – le difficoltà di navigazione e i pericoli ad essa legati non bastarono a tenere lontani i nemici.
I primi sardi di cui si abbiano tracce giunsero dal mare nel paleolitico – durante l’ultima era glaciale – e altri ne arrivarono dallo stesso mare nel neolitico, attirati dall’oro nero – il vetro vulcanico del Monte Arci – cioè l’ossidiana per le loro lame e frecce. Dall’età nuragica – con le sue navicelle votive in bronzo – fu un susseguirsi di cataclismi e diluvi, poi invasori e colonizzatori venuti dal mare: fenici, greci e romani, vandali, bizantini, pisani e genovesi, aragonesi e spagnoli, italiani e americani e…
Negli ultimi tremila anni l’innalzamento del livello del Mare Nostrum è stato di quasi tre metri. Ed eccolo oggi, il profondo blu scenario di incursioni, ritirate e offese, partenze e ritorni, esperimenti bellici e test per bombe e sottomarini firmati Usa. Zona mai franca, questo Mar di Sardegna, un tempo dimora di foche monache e draghi serpentiformi, divinità dei naviganti e mostri senza nome; insenatura per capodogli e falesia per torri, luogo sacro di messe e processioni per i santi del mare, palco per miracoli e riti pagani, spartito azzurro per voti di naufraghi.
Nascondiglio per tesori e segreti mai svelati, anfore e cannoni sepolti, culla per relitti mai riconosciuti, regno di uomini-pesci che accompagnano marinai e altri eroi nei loro viaggi. Tratta per traghetti e approdo sui tratti – in tutto quasi duemila chilometri di costa – è insieme pista, trampolino e addio, sui contorni di Sandalia: l’isola a forma d’impronta divina.

mare di sardegna C’era un gioco che facevamo sempre da bambini. Erano stati i nonni a insegnarcelo, come una tradizione di secoli: ci si immergeva per cercare una grande conchiglia vuota sul fondale, già abbandonata dall’animale; poi si andava all’asciutto e ci si poggiava la conchiglia all’orecchio in modo da far combaciare le due cavità. Sebbene già agili sott’acqua, noi eravamo così piccoli che la conchiglia prendeva tutta la lunghezza della nostra testa. Quanta bellezza: di una tale forma ed eleganza da sembrare finta, a un tratto, come per magia, quell’opera d’arte fatta di carbonato di calcio si metteva a cantare dentro i nostri timpani. Con sottofondo di tortore e gabbianelle, noi sentivamo uscire dalla conchiglia precisamente le onde e la risacca, l’eco delle correnti e il gorgogliare fresco dell’acqua salata. Era il mare che cominciava a narrare le sue storie.

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Sssssss. Scscscscsiii. Fffffssscc… ssssfff. Ciaaafussscc. Sssbrl, sbrlbrl. Glglufsfsf. Fffffss, ssssccc.
Si ricomincia dal punto zero, per ascoltare il mare. Un rombo basso e continuo. Un fluire e defluire. Un ronzio d’acqua, un orizzonte che ribolle. L’umore degli oceani si può comprendere in ogni parte del globo – dai movimenti, dai colori, dalle espressioni della sua superficie – ma come si esprimono, quello che dicono, che lingue usano, questo è diverso da mare a mare.
Ssssss. Il mare sardo, in particolare, usa diverse cadenze a seconda della costa che bacia.

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Sardegna mare

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Il mare sardo parla poco. Ma quando ha qualcosa da esprimere non la manda certo a dire.
Ecco, queste storie di flutti te le racconta lui stesso. Avvicinati.
Sott’acqua, al fondo, l’unico suono è il tuo forte respiro, generato al principio da una goccia marina.
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