Spiritualità in Sardegna: l’isola tempio

Riprendiamo e traduciamo questo articolo di Andrea Atzori, autore di “Iskida della Terra di Nurak” (Condaghes) e “ŠRDN – Dal bronzo e dalla tenebra” (Acheron Books), che racconta lo sfondo leggendario e il retroscena storico delle sue ambientazioni fantasy in Sardegna.
Ecco una panoramica della base archeologica e culturale sarda su cui si fonda il suo ultimo libro.

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ŠRDN narra la storia del popolo “Shardan”. Il nome S(ha)rd(a)n (o Shardana) si riferisce a una delle popolazioni che facevano parte dei “Popoli del Mare”, che vivevano nell’area occidentale del Mediterraneo durante l’Età del Bronzo e che contribuirono a far crollare i pilastri delle grandi civiltà più a est, che si preparavano a entrare nell’Età del Ferro. Da dove arrivavano questi popoli di guerrieri e navigatori? Secondo alcune teorie storiche recenti, la loro patria era l’isola di Sardegna. Molto prima di diventare anche una ridente cittadina nello stato di New York, Sardinia, la Sardegna è la seconda isola più grande del Mar Mediterraneo e a quel tempo – prima dell’ascesa del potere di Roma – era considerata la più importante, grazie alle sue coste curve, più lunghe di quelle della Sicilia. La Sardegna era conosciuta dai greci sin dall’Età del Bronzo con il nome di Sandaliothim, Cados Sene nelle lingue semitiche e Sacra Crepida in latino antico, e tutti con il significato di “Sandalo Sacro”.

Se la parola “Sandalo” potrebbe riferirsi alla forma della Sardegna, perché “sacro”? Ecco un suggerimento. La Sardegna ospita i più sofisticati monumenti architettonici antichi dell’area occidentale del Mediterraneo: i nuraghi. Sono megaliti, torri in pietra di massi impilati che arrivano a raggiungere un’altezza di trenta metri, con strutture complesse (fino a sei torri nello stesso edificio), e la Sardegna ne conta circa ottomila, che probabilmente erano il doppio durante il periodo in cui furono costruiti. L’etimologia è incerta, ma la radice nur potrebbe riferirsi al pre-latino “torre cava” e al fenicio “fuoco”. La civiltà che li ha costruiti, dall’Età del Bronzo all’Età del Ferro, è chiamata Civiltà Nuragica.

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complesso-nuragico-di-baruminiNon si tratta di qualche Broch sperso qua e là lungo la costa: a quei tempi la Sardegna era una roccaforte. Contro chi? Durante decenni di punti morti nella ricerca archeologica locale, la visione classica accetta che i nuraghi fossero “castelli” appartenenti a diverse tribù in guerra le une contro le altre in una sorta di Medioevo anteriore, spiegato con la “naturale” inclinazione alla guerra di quelle genti. Le critiche a questa interpretazione stanno aumentando e partono dalla cosa più evidente: i nuraghi sono in un numero così alto che a volte si ergono in bella vista l’uno dall’altro, anche a un tiro di freccia, quindi quelle popolazioni erano così vicine che non avrebbero avuto nemmeno il tempo di pensare a costruire quei monumenti sotto la pressione dei loro vicini. L’interno delle strutture è estremamente stretto e scomodo per un uso sia civile che militare. Inoltre, i nuraghi erano posti al centro dei villaggi e non intorno ad essi – come qualcuno si aspetterebbe per proteggere le capanne. In più, oltre il 70% dei villaggi nuragici ritrovati non hanno traccia di torri o simili nei dintorni, mentre altri nuraghi si ergono spesso  solitari e in cima a monti o valli, alcuni in luoghi quasi inaccessibili.

Il ruolo dei nuraghi e dell’intera Civiltà Sarda – grazie alla forza della ricerca archeologica contemporanea e a una sorta di “risveglio” popolare – sta emergendo sotto una nuova luce: quella della spiritualità. Un termine vago, ma parlare di religione sarebbe forse scorretto visto il legame che quei popoli avevano con la sfera del “sacro”, che era fondato sulla vita quotidiana senza separazione tra sacro e profano. Infatti sembra esserci stato un “Sandalo Sacro”.

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L’allineamento con le stelle di molti nuraghi è risaputo da molto tempo – fenomeno affatto raro nell’architettura megalitica mondiale – ma in qualche modo è stato sempre tenuto nascosto per scoraggiare la pseudoarcheologia. La Sardegna presenta numerosi nuraghi che mostrano effetti di luce tra le loro mura e fenditure durante i solstizi e gli equinozi, e alcuni studi recenti hanno scoperto che la posizione della torre sulla terra in alcuni casi rappresenta la forma delle costellazioni. La stessa struttura interna delle torri sembra seguire un modello comune dire nicchie – quasi sempre della stessa dimensione – aperte nel ventre della costruzione. Tutte hanno rivelato resti di cibo, vino, conchiglie, ossa e utensili mai trovati altrove nell’edificio, cosa che ci suggerisce offerte e un uso rituale, con oggetti appartenuti a terre straniere, come le ceramiche di Creta e di Micene.

In conclusione, tutte le scoperte suggeriscono che la Civiltà Nuragica era complessa e abbastanza sofisticata, con un impulso mistico verso il sacro, esaltato attraverso l’architettura (con nessuna prova di schiavitù, come invece abbiamo in Egitto). L’idea che la Sardegna durante l’Età del Bronzo fosse un’isola tempio – una terra santuario meta di pellegrinaggio da tutto il Mediterraneo – diventa nel XXI secolo più che una suggestione…

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